A guardi ci sono i lupi ecco perchè l'Europa non batte l'evasione

Eva Joly L’Esperienza ce lo insegna: c’è un grande rischio che dopo le rivelazioni dei “Paradise Papers” che hanno cercato di strappare il velo dell’omerta, tutto continui come prima. Dopo l’indignazione, è giunto il momento di agire. La nostra Europa non è condannata a far rubare per sempre le sue finanze pubbliche. È possibile fermare l’emorragia verso altri paesi. Sarebbe sufficiente che l’Europa stabilisse un elenco credibile di paradisi fiscali e tagliasse i trasferimenti di denaro a questi Stati canaglia. Come? Denunciando le convenzioni fiscali firmate con ciascuno dei paesi che figurano in tale elenco. Poi i paesi europei potrebbero tassare liberamente i profitti che oggi sfuggono verso i paradisi fiscali. Ma gli Stati membri dell’Unione europea non hanno la volontà politica per agire. La loro passività equivale a complicità. Il problema è più profondo: diversi paradisi fiscali sono essi stessi membri dell’Unione europea. I lupi ora sembrano governare l’ovile. Lussemburgo, Irlanda, Paesi Bassi, Malta, Cipro...All’interno del Consiglio dell’Unione europea, diversi Stati svolgono un doppio gioco che ormai è ben noto. Da un lato, si dicono indignati e promettono di fare di più. Dall’altro, bloccano la trasparenza fiscale e le riforme di armonizzazione. L’Unione europea ha tuttavia i mezzi per progredire nonostante questa situazione e la regola dell’unanimità vincolante. Le proposte sono sul tavolo. Una di queste proposte, in particolare, potrebbe ridurre drasticamente le possibilità di evasione fiscale per le multinazionali. Si tratta del progetto di base imponibile comune consolidata per la tassazione delle imprese multinazionali (Accis). Dietro quest’acronimo oscuro c’è un espressivo passo avanti. Oggi, le multinazionali sono tassate filiale per filiale - e spesso ne hanno centinaia, se non migliaia - il che permette loro di trasferire artificialmente i loro profitti da un’entità all’altra al solo scopo di trarre vantaggio dai sistemi fiscali più vantaggiosi. Nel 2015, secondo un recente studio dell’economista Gabriel Zucman, oltre 600 miliardi di euro di profitti sono stati deviati in questo modo verso i paradisi fiscali (anche in Europa, Irlanda e Olanda al primo posto), cioè l’equivalente al 45% degli utili totali realizzati dalle multinazionali. Pensiamo, nella Commissione indipendente per la riforma della tassazione delle imprese multinazionali (ICRICT), che il primo passo sia tassare ogni multinazionale come un unico gruppo, e che il gettito fiscale sia poi distribuito tra i paesi in base alla realtà economica di ciascuna filiale. In altre parole, l’imposta sarebbe pagata nel luogo in cui si svolge l’attività economica, piuttosto che nel luogo in cui l’aliquota fiscale è più bassa! Questa riforma ambiziosa consentirebbe all’Europa di recuperare l’equivalente ad un quinto del gettito fiscale attuale delle imprese, pari a 60 miliardi di euro all’anno. L’unanimità è solo un pretesto per l’inazione. C’è una soluzione per uscire da questa situazione di stallo senza modificare i trattati europei. Si tratta del passaggio al voto a maggioranza qualificata. Il Trattato di Roma (1957) articolo 116 - offre la possibilità di adottare questa fondamentale riforma fiscale sulle multinazionali senza bisogno dell’unanimità, dimostrando l’esistenza di una distorsione della concorrenza. La Commissione europea ha questo potere nelle sue mani; deve trovare il coraggio di usarlo. L’evasione fiscale è un processo distruttivo che saccheggia le finanze pubbliche, aggrava le disuguaglianze e, in ultima analisi, sparge il veleno letale della diffidenza diffusa nelle nostre società. Chi si rifiuta di agire contro di essa distrugge l’Europa. Eva Joly è deputata europea, vicepresidente della commissione d’inchiesta sull’evasione fiscale, e membro della Commissione indipendente per la riforma della tassazione delle imprese multinazionali (ICRICT).

 

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